Riscoprire/scoprire il Monferrato che non è un parente povero delle Langhe, ma una terra ricca d’arte, storie, leggende e, per quello che ci riguarda, di golosità. Tra le leggende spicca quella di Aleramo, figlio di due sassoni in pellegrinaggio verso Roma quando venne alla luce nei pressi dell’abbazia di Santa Giustina a Sezzadio. Qui fu allevato dopo la morte dei genitori, uccisi dai briganti. Aleramo si innamorò di Alasia, figlia dell’imperatore Ottone I che non lo considerava un buon partito. Fuggì con l’amata in Liguria e si adattò a umili mestieri. Ma era un cavaliere e, tornato a combattere, si ricoprì di gloria. Ottone acconsentì alle nozze e gli concesse le terre che sarebbe riuscito a percorrere cavalcando senza sosta per tre giorni e tre notti. Il territorio divenne il Monferrato, con una delle tante spiegazioni del nome: Aleramo usò un mattone (mon) per ferrare (fer) il cavallo. Il 21 marzo 967 nacque il Monferrato. Il primo marchese è sepolto nell’Abbazia di Grazzano Badoglio.
Approfittiamo, in questo weekend di aprile dell’occasione offerta da Golosaria, manifestazione ideata e organizzata da Paolo Massobrio e Marco Gatti, che coinvolge domani e domenica, 30 paesi e castelli, con due capisaldi: Casale con 70 produttori di cose buone, 11 birrifici e 7 cucine di strada e il castello di Uviglie, concentrato sul vino: Barbera & Champagne.
Cominciamo a muoverci nel Castello di Casale, tra eccellenze enogastronomiche e storia. Voluto da Giovanni II Paleologo marchese di Monferrato, l’edificio venne terminato entro il 1357. Da maniero difensivo è diventato luogo di cultura. Molto bello anche il Palazzo Sannazaro, uno dei più begli esempi di barocco piemontese. A Sud di Casale, a Occimiano, Umberto Signorini, imprenditore milanese, ha creato un’azienda ecosostenibile dove gli scarti diventano materia prima per altre lavorazioni. Niente rifiuti e un allevamento di 1.200 capre di razza Saanen, da cui vengono latte, formaggi e insaccati: toma stagionata, formaggi paglierini, ricotta, mocette di capra, agnolotti artigianali con ripieno di formaggio e di carne (ovviamente caprini).
Risalendo ci fermiamo al castello di Uviglie, su una delle più dolci colline monferrine. Luogo da godere e da assaggiare: vi si produce vino. Non distante, a Casa di Babette ci attende un connubio sorprendente tra la tradizione (pasta e fagioli, agnolotti, brasati, bagna cauda) e un’ottima selezione di champagne. L’Hosteria Treville, nel paese «balcone» del Monferrato, propone una cucina che seduce con i piatti classici (lingua in salsa verde, insalata russa, finanziera, bunet) e ne inventa di nuovi: foie gras, capesante, borlotti e albicocche; ravioli di carne bianca, galletto e consommé di coniglio; coscia di faraona alla senape antica.
Terra di vini il Monferrato. Scopriamo l’interessante novità dei fratelli Enrico, Massimo e Stefano Bonzano che con l’enologo Donato Lanati, alla Tenuta della Mandoletta, propongono quattro (dei loro sette, gli altri tre a fine 2018) vini, annata 2017, la prima prodotta dalla cantina: Gajard, Barbera del Monferrato DOC; l’Armognan, come l’albero dell’albicocca, bianco; l’Hosteria Monferrato Rosso DOC, vino conviviale a tutto pasto, e la Meridiana Rosato. Il vino è sacro come un santuario. Saliamo al Sacro Monte di Crea, su una delle colline più alte del Monferrato, lungo il sentiero che si inerpica, tra querce e frassini, su un friabile terreno roccioso. In cima ci attende la cappella del Paradiso. A questo punto entriamo nella parte astigiana del Monferrato con una sosta inevitabile all’agrimacelleria dei fratelli Micco a Moncalvo, paradiso della carne di qualità: bistecche di vitellone e salsiccia di maiale magra. Specialità i Quajeti (involtini della nonna), bollito, testina e, nella stagione fredda, il mitico bue grasso.
A testimonianza dell’appetibilità del Monferrato, un grande cuoco come Enrico Bartolini è sbarcato qui con il suo sesto ristorante italiano: la Locanda del Sant’Uffizio che, malgrado il nome minaccioso, è uno splendido relais, in un ex convento del XVI secolo, a Cioccaro di Penango (cuoco residente Gabriele Boffa). Finale d’obbligo tra le mura del torrione dell’antico del ricetto trecentesco di Portacomaro, dove la rinata Bottega del Grignolino racconta il territorio a partire dai calici di questo grande vino.